Entrando nel merito della vicenda, relativa alla adozione del grembiule di colore verde per tutti gli alunni di alcune scuole della provincia leccese, la Consigliera nazionale di Parità Filomena D'Antini ritiene che, invece di concentrarsi su simbolismi come il colore dei grembiuli, le scuole dovrebbero concentrarsi sull’insegnamento. «Il compito delle scuole non è quello di ridurre le differenze di genere - aggiunge - ma il loro compito specifico è quello di formare e istruire la prole, di istruirla al senso civico, di prepararla ad affrontare le nuove sfide dell’intelligenza artificiale, della società complessa e informatizzata. L’aspetto educativo è complementare». Per D’Antini, difatti, «Non sarà un grembiule a risolvere la questione delle diversità e a salvaguardare i diritti dell’universo femminile - dice - ma occorre implementare le discipline giuridiche, in ogni scuola di ordine e grado, in quanto educano i ragazzi e insegnano il rispetto delle regole e della legge. E quindi il rispetto degli altri, delle donne e della società civile».
A mio parere il risvolto educativo della scelta di non optare per un grembiule rosa per le femmine e conseguentemente celeste per i maschi, adottandone invece uno di un solo colore per entrambi, risponde invece ad una precisa linea educativa. Quando si tenta nelle istituzioni scolastiche, come anche in altri ambiti, di sconfiggere gli stereotipi di genere l’aspetto formativo è fondamentale, giammai complementare come sostiene la consigliera nazionale di Parità. A tal proposito concordiamo con Paola Daniela Virgilio. vicepresidente dell'Associazione Nazionale, dei Pedagogisti, nonché docente presso l'Università degli studi di Palermo, la quale sostiene che il grembiule verde possa essere un punto di riferimento per i bambini, promuovendo un ambiente scolastico inclusivo e riducendo le disparità legate all’abbigliamento. Questo, a suo avviso, non solo attenua le differenze di genere, ma limita anche la possibilità per i bulli di esprimere la loro prevaricazione attraverso l’abbigliamento.
Sarebbe da auspicarsi che conseguentemente Filomena D’Antini riveda la sua posizione ideale per la quale «il compito delle scuole non è quello di ridurre le differenze di genere», appunto perché una delle principali agenzie educative del Paese, dopo la famiglia, non può esimersi da avere tra i suoi compiti educativi anche quello di formare le future generazioni a vivere in un contesto sociale quanto più possibile inclusivo, ove non esistano cittadini di serie A ed altri di serie inferiori. Il rispetto tra generi diversi deve essere insegnato ai bambini ed alle bambine fin dalla scuola d’infanzia, facendo comprendere loro che le differenze sono una risorsa da conoscere e coltivare. “Educare al rispetto delle regole e della legge” come vorrebbe la consigliera nazionale di Parità, non è una tattica vincente dal punto di vista didattico, ma soprattutto pedagogico, perché esclude il risvolto culturale dell’obiettivo. Un obiettivo che, fondandosi sulla valorizzazione delle differenze, deve essere finalizzato a fare esperienza di relazioni positive e paritarie.
Coerentemente con questa impostazione concettuale sarebbe auspicabile che Filomena D’Antini riconsideri la questione, alla luce di un approccio ideale che vada nella direzione di valutare come il superamento delle differenze di genere possa passare persino attraverso un grembiule scolastico. A mio giudizio onorerà in modo congruo il suo ruolo istituzionale di consigliera di Parità, che mi auspico debba costituire la stella polare di qualsivoglia atto proveniente dalla sua funzione istituzionale, al di là delle sue personali posizioni ideologiche. Certo il suo ruolo specifico le impone di promuovere e controllare l’attuazione dei principi di uguaglianza di opportunità e di non discriminazione tra donne e uomini in ambito lavorativo., ma un intervento a gamba tesa in quella che è l’autonomia scolastica non può passare inosservato. Ragione per la quale sarebbe meglio che si confrontasse con le dirigenze delle scuole pugliesi per portare il dibattito sul rapporto tra esse ed altre istituzioni, come la sua, tutte insieme accomunate dall’obiettivo comune di contrastare le differenze di genere. La posta finale in gioco non è l’adozione di un grembiule di colore neutro, ma il benessere degli studenti, soprattutto nei primi anni di scuola, riducendo le differenze e gli stereotipi di genere.