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Philosophy’s karma

Uno dei dubbi amletici di oggi, soprattutto per chi di filosofia si nutre, è il seguente: ha senso filosofare nell’era dell’umanità virtuale, fatta di internettologi e tuttologi del web?

In un vecchio spot, fissando l’orizzonte al tramonto una donna si chiede: Chissà se nello spazio siamo soli? Oppure c’è qualcuno che non vediamo, alieni? Ma la vera domanda è: perché devo pagare quando prelevo con il bancomat? Segue la voce fuori campo che chiosa: Le grandi domande sono cambiate, e illustra la convenienza di un conto corrente bancario con servizi diretti online a scosto zero. Altro che filosofare! Risposte facili. Domande inutili.


Discutendo un’accusa per eccesso di legittima difesa rivolta al titolare di una rivendita di pneumatici che aveva colpito a morte uno dei ladri dopo l’ennesima incursione nella sua officina, il noto Youtuber, Shooter Hates You (Shy), al secolo Alessandro Masala, in uno dei video del suo Breaking Italy, osserva: Non si può simpatizzare con un ladro… sarei semplicemente ipocrita se facessi eccessiva filosofia in una situazione nella quale, non ho dubbi, farei esattamente la stessa cosa per proteggere me e la mia famiglia. Shy, che eccelle in riflessioni critiche e pungenti, pone il filosofare su un livello di astrattezza eccessiva tale da renderlo distante da ciò che egli chiama “viscerale”, cioè più genuino e autentico. Un po’ come lo spot che ci invita a non gingillarci su domande inutili distanti dal vivere concreto e da preoccupazioni quotidiane. La filosofia è, per dirla alla Piaget, solo mera sagesse. Ma è così?

Che nel corso della storia, i filosofi abbiano arzigogolato su temi quali il pensiero in sé, puro, logico, concettuale, è indubbio. Ma non si tratta di un semplice cavillare su quanti angeli possano ballare sulla capocchia di uno spillino. Si tratta, invece, di ciò che ha permesso alla filosofia di svincolarsi dalle pressioni della vita per renderla ciò è: libera. Ecco cosa intende Aristotele quando dice: La filosofia non serve a nulla, dirai; ma proprio perché è priva di legame di schiavitù è il sapere più nobile.


Ma poi, mannaggia la cicuta!, sul web, noi arzigogoliamo su tutto. Anzi, ci teniamo a esprimere il nostro punto di vista e guai se ci contraddicono. Immediatamente invochiamo la legittima libertà di pensiero e di parola, seppure molto spesso usiamo quest'ultima per dire sciocchezze, mentre evitiamo allegramente di usare il primo. Paradossalmente, però, per chi almeno un po' ne fa uso, anche questo è un modo, per quanto maldestro, di filosofare.


Mi spiego meglio. La stessa visione di Shy (e parlo di chi il pensiero lo usa e come), che l’ha condotto a ritenere importante proteggere la vita propria e dei suoi cari, più che simpatizzare per l’aggressore, contiene uno specifico modo di vedere le cose, consapevole o inconsapevole che sia. Provare riluttanza per un’ingiustizia non può che dipendere da un’idea di giustizia la quale è stata così interiorizzata da sentire arrovellarsi le viscere. Lo sappiano o no, direbbe Karl Popper, tutti gli uomini hanno una filosofia… in un modo o nell’altro, assumono un atteggiamento nei confronti della vita e della morte. E questo basterebbe a dire che sarei ipocrita se agissi contro di essa, contraddirei me stesso.


Ora, però, riconoscendo di possedere una filosofia implicita, non sarebbe cosa sbagliata chiedersi: qual è quella che informa le mie viscere, che è dietro alle mie azioni e dirige la mia vita? È ancora adeguata a guidarla? Ho la libertà di prenderne le distanze e valutarla criticamente o ne sono asservito? Queste idee sul mondo e sulla vita, acquisite con il tempo, l’educazione, le esperienze, le ho assunte con responsabilità o mi sono conformato a esse e basta? E se posseggo il diritto di esternarle, lo faccio con l’intento di arricchire e di arricchirmi? Quanto correttamente penseremmo, si chiede Kant, se non pensassimo per così dire in comune con gli altri a cui comunichiamo i nostri pensieri, e che ci comunicano i loro?


La mia filosofia implicita ha il diritto di essere esplicata tanto quanto di essere messa in discussione. È in quel momento che ne verifico l’utilità, favorendo negli altri l'apertura di nuovi scenari e spunti di riflessione e offrendo a me stesso le medesime opportunità. Qualora qualcuno mi mostrasse argomenti più validi dei miei, potrei smontare e rimontare, arricchire o abbandonare il mio punto di vista. Svilupperei così il mio senso critico, verificherei lo spessore di un sistema di valori, il mio e quello del gruppo, del quartiere, della città, della società in cui vivo. Risponderei effettivamente all'istanza per cui è nata la filosofia secoli fa, in Grecia: φιλοσοφία (philosophia), amore per la sapienza, azione non distante dalla vita, ma che la informa, la forma, la interroga, ne esprime il dinamismo, la spinta in avanti, la destinazione. Perché l’uomo è un incompiuto che non si compie mai.


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