Parole monche: un passo indietro sulla rappresentatività
- Dario Codelupi
- 28 mar
- Tempo di lettura: 3 min
La circolare del Ministro dell’Istruzione, Valditara, vieta l’uso dell’asterisco e dello schwa all’interno dei documenti ufficiali.
Roma, 24 marzo 2025 – con una circolare, il Ministro dell'Istruzione e del Merito Valditara ha vietato ufficialmente l'uso dello schwa (ə) e dell'asterisco (*) nelle comunicazioni ufficiali. La decisione ha infiammato l’annoso dibattito tra linguisti, docenti, politici e attivisti per i diritti civili.

Cosa sono lo schwa e l’asterisco?
Diverse comunità linguistiche e movimenti per i diritti civili hanno adottato le strategie dello schwa e dell’asterisco per una maggiore rappresentanza e il superamento delle costruzioni binarie (maschile-femminile) nei documenti.
Lo schwa non prettamente è un segno grafico, ma rappresenta il suono di una vocale, che l’uomo possiede nel suo apparato fonetico (è in grado di pronunciarlo) ed ha valore fonologico in alcuni dialetti (la sua presenza o assenza possono far cambiare di significato una parola). Data la sua caratteristica di indistinguibilità tra i suoni di una a-e (tipicamente associate al femminile) e quelli tra o-i (tipicamente associati al maschile) è ottima per rappresentare la non appartenenza ad un’identità binaria: tuttə. Il segno ə è indicato nell’IPA (l’alfabeto fonetico).
L’asterisco è impiegato nella grafia per evitare la specificazione di genere, ad esempio car* al posto di caro o cara.
Una parte dell'Accademia della Crusca ha più volte espresso perplessità riguardo a queste pratiche linguistiche, sottolineando che l'italiano non prevede tali soluzioni, che potrebbero creare difficoltà di lettura e comprensione. Il Ministero dell'Istruzione ha motivato la sua scelta con la necessità di uniformare la comunicazione istituzionale, evitando ambiguità e ostacoli alla comprensibilità dei testi.
Il tema della rappresentazione
Noi siamo quello che raccontiamo e raccontiamo quello che pensiamo. Sembra una frase banale, ma nasconde dentro di sé una possibile via per l’autoconsapevolezza.
Narrare per l’essere umano è come dormire o mangiare, è un bisogno sociale e lo mettiamo in atto per tutta la vita. Noi raccontiamo attraverso le lingue, ogni lingua è una lente culturale, sociale, politica diversa attraverso cui vedere il mondo e raccontarlo (ipotesi Sapir-Whorf). Dunque, le lingue non sono costruzioni neutre e apolitiche, anzi, sono erette intorno ai nostri schemi mentali, stereotipi attraverso i quali possiamo conoscere il mondo, per cui generano rapporti di potere tra una norma (nel caso dell’italiano il maschile) e il marcato (femminile e altri generi).
Tipico è l’uso del maschile sovraesteso per riferirsi ad un pubblico misto, anche se in maggioranza femminile; oppure tipiche sono le asimmetrie semantiche determinati nomi al maschile si riferiscono ad uno specifico significato al femminile ad altri di stampo sessuale, fisico o materno (si pensi alla distinzione tra zoccolo e zoccola).
Dunque, il sessismo è insito nel nostro modo di ragionare e nella lingua. Per tanto bisognerebbe utilizzare un linguaggio più inclusivo partendo proprio dalle istituzioni.
Leggi e norme a tutela della rappresentazione
A livello internazionale, documenti come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo garantiscono la non discriminazione basata sul genere. In Italia, l'articolo 3 della Costituzione stabilisce l'uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, razza, lingua o condizioni personali. Inoltre, la Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea sancisce il principio di non discriminazione e promuove la parità di genere.
In ambito legislativo nazionale, la Legge 215/2012 ha introdotto misure per favorire l'equilibrio di genere, mentre il Codice delle Pari Opportunità (D.Lgs. 198/2006) ha riconosciuto la necessità di un linguaggio non discriminatorio nelle comunicazioni istituzionali.
Anche in ambito locale le amministrazioni hanno adottato vademecum e regolamenti per una maggiore inclusività, che però non vengono seguiti.
Progetto E-MIMIC
L’obiettivo fondante del Progetto E-MIMIC (Empowering Multliingual Inclusive Communication) è di identificare, classificare e riformulare segmenti di testo non inclusivi presenti nei testi amministrativi e burocratici, fornendo equivalenti inclusivi degli stessi segmenti. Per fare ciò è stato progettato e sviluppato dagli organi partecipanti al progetto, ossia il Politecnico di Torino, l’università Alma Mater di Bologna e Tor Vergata di Roma, l’applicativo di intelligenza artificiale Inclusively, come supporto alla redazione, alla annotazione e alla riformulazione inclusiva e non discriminatoria di materiale testuale.
Conclusioni
La lingua è potere e il suo cambiamento non può essere imposto, ma deve sorgere dall’uso. Quindi progetti educativi e di alfabetizzazione sono molto utili per l’acquisizione della consapevolezza linguistica, sociale e culturale che porterebbe al cambiamento. Un processo lento ma che deve essere costante.