La notte degli Academy Awards segna la fine del Barbenheimer, un fenomeno mondiale partito dal pubblico che verrà studiato nei libri di storia del cinema.
Il Barbenheimer è un fenomeno nato dai social per ironizzare sull'uscita in contemporanea in molti Paesi di due film diametralmente opposti: una commedia camp con un twist femminista e un biopic rivisitato sull'inventore della bomba atomica.
Per tutto il 2023, sembrava un testa a testa senza fine: Barbie ha raggiunto l’incasso più alto nella storia della Warner Bros (superando Harry Potter) con 1,34 miliardi di dollari; Oppenheimer, prodotto da Universale, ha sfiorato il miliardo. Diverse sale sono andate sold out, dopo che migliaia di persone hanno prenotato la doppia visione vestite metà di rosa e metà di nero.
Focalizzandoci sulle candidature agli Oscar 2024, Oppenheimer ne vince 7 su 12:
Miglior film
Miglior regia
Miglior attore protagonista (Cillian Murphy)
Miglior attore non protagonista (Robert Downey Jr)
Miglior colonna sonora
Miglior montaggio
Miglior fotografia
Barbie invece vince per la per la miglior canzone originale (Billie Eilish – What I was made for?).
Diverse testate hanno etichettato le mancate vittorie di Barbie di Greta Gerwig come un flop sul red carpet (Rolling Stone Italia, BBC), ignorando quali siano le dinamiche dell’Academy nell’assegnazione dei premi e l’impatto che Barbie ha avuto nell’immaginario collettivo.
Innanzitutto, Greta Gerwig ha raggiunto un record storico, come la prima regista donna ad aver incassato di più al botteghino nella storia del cinema.
Inoltre l’utilizzo consistente di vernice rosa per le scenografie ha poi comportato un esaurimento a livello mondiale di quella tonalità, scatenando allo stesso tempo un trend pink-orientated nel campo dell’abbigliamento come non si vedeva dai primi anni 2000.
Non dimentichiamoci però che gli Oscar sono un evento prima di tutto statunitense: i vincitori rappresentano un comprovato successo di pubblico, ma soprattutto una visione in linea con i valori Made in US.
Barbie non avrebbe potuto vincere tutte quelle candidature, proprio perché capovolge diversi bias legati ai ruoli di genere: una critica troppo diretta allo status quo per elevarsi a titolo rappresentativo dell’industria occidentale Oppenheimer invece era la scelta più politicamente corretta: per quanto racconti un lato atroce della Storia, non si sbilancia sulla dovuta compassione verso le vittime di Hiroshima e Nagasaki.
Non a caso è scoppiata una polemica in Giappone, che ha vietato la distribuzione nel suo territorio, e ha rilanciato con titoli che hanno dato filo da torcere a Disney nel suo core business.
Il Ragazzo e l’Airone di Miyazaki infatti ha vinto il premio come miglior film d’animazione, dopo anni di monopolio Disney/ Pixar, e Godzilla Minus 1 sfila il premio ai Marvel Studios per i migliori effetti visivi.
Per quanto l’Academy ami celebrare se stessa con pellicole US-friendly, è innegabile che l’industria occidentale stia affrontando una crisi di settore.
In un contesto mediatico sempre più fluido, il protrarsi di certi schemi narrativi non è più sostenibile: il pubblico punta a una rappresentazione più diversificata, con storie scritte bene e pagate il giusto.
Fin tanto che tutte le grandi produzioni non si adatteranno alla nuova domanda, l’offerta generale rimarrà mediocre.
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