Non c’è pace per il fu autorevole giornale, un tempo faro del progressismo italiano, ora sempre più simile ad un organo di stampa del sionismo in Italia visti i legami economici tra la famiglia Elkann, editore, il direttore Molinari ed Israele.
Ma il Medio Oriente c’entra limitatamente tra le ragioni dello sciopero della redazione nei giorni del 25 e 26 settembre (anche se va ricordato che la stessa redazione stigmatizzò la censura di Molinari verso l’intervista a Ghali, che venne censurata dal giornale in quanto il cantante mostrò posizioni filo-palestinesi non gradite).
Le ragioni dell’attuale sciopero sono da attribuire alla sempre più pervasiva influenza dell’editore nella linea editoriale, la misura e stata colma quando, nelle giornate dell’Italian Tech Week, Repubblica ha spacciato per contenuti editoriali, dei contenuti pubblicitari comprate da aziende partecipanti all’evento tech. Nonostante lo sciopero della redazione online, tuttavia, con una mossa chiaramente antisindacale, era possibile seguire l’evento di Torino in streaming online sul sito di Repubblica, mentre questo non veniva aggiornato poiché la redazione era in sciopero.
A peggiorare il quadro già deontologicamente deplorevole, la redazione di Repubblica è preoccupata dell’accordo paventato tra il gruppo Gedi e la società Chat GTP sul trasferimento di materiale editoriale a quest’ultima per aumentare il machine learning dell’azienda AI, privando nei fatti del copyright di tali contenuti editoriali.
Ne emerge un quadro deprimente de la Repubblica, definita dal proprio Cdr giornalistico come “una nave che affonda” visti il tracollo di lettori.
D’altronde sono tempi bui per famiglia Elkann: il gruppo Stellantis è in emorragia di vendite, mentre la procura di Torino ha emesso un’accusa di frode fiscale e truffa ai danni dello Stato, per un valore di oltre 78 milioni di euro. La guardia di finanza parla di “disegno criminoso per evadere le tasse” dell’eredità della famiglia Agnelli.