La malattia, la morte, la sepoltura: il magistero del corpo di Papa Francesco
- Fernando Massimo Adonia
- 9 ore fa
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L’anzianità. La malattia, la lenta ripresa. Poi è arrivata la morte improvvisa, che ha spiazzato coloro che erano convinti che sarebbe andato via per una crisi respiratoria, invece no. E poi il corpo esposto, con i segni sul viso dell’ultima sofferenza. Il funerale. E, in ultimo, la sepoltura in quel di Santa Maria Maggiore. Nella nuda terra, con sopra una semplice lapide con la scritta Franciscus. È l’ultima lezione di Papa Bergoglio, che racchiude gli ultimi capitoli del suo magistero del corpo. Una lezione necessaria, esemplare. Destinata a indicarci la via d’uscita da questo mondo e la destinazione ultima che ogni essere umano dovrà raggiungere. Per chi crede: la vita eterna. Per tutti gli altri: la fine della vita.

Il papa in sedia a rotelle. Ci eravamo abituati a questa immagine paradossale, inaugurata fortuitamente con l’esplodere della guerra in Ucraina. Un seggio di debolezza disegnato, senza che nessuno lo avesse preventivato, per dar voce alle sofferenze di chi nel conflitto ci ha perso la vita o è rimasto mutilato, orfano, vedovo, privo di un futuro. Da quello stesso trono ha parlato anche del dolore delle madri russe che hanno visto i loro figli partire al fronte e non tornare più. Un’empatia evangelica che scardina le categorie bellica e smonta la logica inscritta nel registro amico-nemico.
Del resto, durante tutto il pontificato, Francesco ha parlato con il suo corpo. A partire dalle scarpe ortopediche al posto dei tradizionali calzari rossi. Il rosso: colore che ha rifiutato di indossare, se non durante i momenti liturgici, perché evocativo di un potere imperiale che ha le sue radici in quella Roma che martirizzava i primi cristiani. Un papa spogliato dal suo potere, ma mai sciatto o trasandato. Che alla berlina preferiva la 500 e con questa si è presentato davanti al portone dell’ambasciata russa per dire no alla guerra.
L’ultima lezione, dunque. In fondo, il suo dovere lo ha fatto fino alla fine. Fino al giorno di Pasqua, sia come sacerdote che come capo di Stato, incontrando il vicepresidente degli Stati Uniti, J. D. Vance. Anche per questo merita di essere ricordato e rispettato. La speranza è che il suo insegnamento spirituale vada ripreso e studiato. E che le traiettorie della sua strategia pastorale, nel tempo, siano comprese pienamente, oltre le tante incomprensioni del presente. Abbiamo avuto a che fare con un mistico. Molti però non lo hanno compreso.