Durante la prima parte di questo articolo ci eravamo lasciati con una domanda cruciale: come può un’istituzione formare le future generazioni se i suoi stessi pilastri, i docenti, vivono in condizioni di incertezza e instabilità? Questa domanda diventa ancora più rilevante in un sistema educativo che mira a formare cittadini e professionisti capaci di affrontare un mondo sempre più complesso e in evoluzione. La scuola non può assolvere pienamente il suo ruolo senza una base solida e stabile per chi vi lavora ogni giorno.
Riflettere sulla precarietà della classe docente non significa solo analizzare una condizione lavorativa sfavorevole, ma riconoscere che la qualità della formazione e il futuro della società sono strettamente legati alle condizioni di vita e di lavoro di chi è chiamato a educare. Serve, dunque, una risposta concreta che parta dal riconoscimento del valore insostituibile dei docenti, perché investire su di loro significa investire sulle fondamenta dell’intero sistema educativo e, di conseguenza, sulla società stessa.
Seconda parte - La qualità dell'educazione: quale futuro per la scuola italiana?
All’interno di questo quadro, la precarietà dei docenti assume un’importanza rilevante. In Italia, molti insegnanti ultra specializzati, che possiedono competenze fondamentali per affrontare sfide educative complesse come l’inclusione degli studenti con bisogni educativi speciali (BES) o l’adozione delle tecnologie digitali, vivono in condizioni di instabilità lavorativa. Questi professionisti, nonostante un alto livello di qualificazione e competenze specifiche in continuo aggiornamento, si trovano (nella migliore delle ipotesi) a lavorare con contratti a termine di supplenze non continuative, in situazioni di assoluta incertezza contrattuale. Questa precarietà non solo mette a rischio il benessere personale e professionale degli insegnanti, ma ha anche un impatto diretto sulla qualità dell’istruzione.
Dal punto di vista sociologico, tale situazione può essere interpretata attraverso il concetto di "precariato", sviluppato dall’economista e professore britannico Guy Standing. Il precariato è una nuova classe sociale caratterizzata da incertezza lavorativa, insicurezza economica e una mancanza di identità professionale stabile. I docenti precari vivono queste condizioni quotidianamente, affrontando stress, mancanza di motivazione e isolamento sociale, con ripercussioni che si estendono oltre la sfera lavorativa. La mancanza di continuità professionale rende difficile per questi insegnanti costruire un legame stabile con gli studenti e pianificare un percorso didattico coerente a lungo termine. Ciò si traduce in un’esperienza educativa frammentata, che non riesce a garantire un apprendimento solido e permanente.
La condizione di precarietà non ha solo conseguenze sui docenti, ma incide profondamente sugli studenti e sull’efficacia del sistema educativo nel suo complesso. Basil Bernstein ha evidenziato come il controllo del processo educativo influisce direttamente sulla produzione del curriculum e, di conseguenza, sulla distribuzione del sapere. In un contesto di precarietà, il sapere si trasmette in modo disorganico, rendendo difficile per gli studenti acquisire competenze solide e integrate. Come già sottolineato, le ripercussioni di questo fenomeno hanno un impatto più ampio sulla società. La precarietà dei docenti riduce la capacità del sistema scolastico di affrontare le sfide del futuro, come l’integrazione delle nuove tecnologie, l’inclusione sociale e la preparazione degli studenti alle complessità del mondo contemporaneo.
Guardare al futuro della scuola italiana dalla prospettiva di chi vive quotidianamente il precariato non può che lasciare un senso di rammarico e di speranza disillusa. Come docente precaria, vedo ogni giorno l’impegno, l’amore e la professionalità che tanti colleghi investono nelle aule, nonostante l’incertezza del futuro lavorativo. Tuttavia, resta amaro il pensiero che la qualità dell’educazione che desideriamo offrire sia frenata da un sistema che, pur richiedendo aggiornamento continuo e competenze specialistiche, non riesce a riconoscere e valorizzare appieno il nostro ruolo.
Come docenti siamo consapevoli dell’importanza del nostro lavoro per il futuro dei nostri studenti e del Paese, eppure continuiamo a vivere in una condizione che sembra quasi un paradosso: formiamo giovani che devono costruire il loro futuro mentre il nostro rimane sospeso. Questa situazione finisce per intaccare non solo la serenità di chi insegna, ma anche la solidità stessa dell’istituzione scolastica, che rischia di non riuscire a stare al passo con le esigenze di una società in evoluzione. Forse, solo quando il valore della stabilità per chi educa sarà riconosciuto come fondamentale, la scuola potrà finalmente rispondere appieno alla sua missione educativa e sociale.