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L’Africa più grande di tutti i tempi

Certi equilibri globali, si sa, reggono su convenzioni tacite: tu, Occidente, vieni in Africa, prendi quello che vuoi — diamanti, uranio, manodopera — e in cambio ci lasci qualche slogan sulla cooperazione, una manciata di ONG e un paio di progetti “di sviluppo”. Una prassi elegante nella sua sfacciataggine. Ma poi, ecco la Namibia che rompe la danza!

Vitalio Angula/VOA, Public domain, via Wikimedia Commons
Vitalio Angula/VOA, Public domain, via Wikimedia Commons

Sotto la guida della neopresidente Netumbo Nandi-Ndaitwah, prima donna alla guida del paese, la Namibia ha deciso che, d’ora in poi, per mettere piede nel paese servirà il visto. Non solo per il turismo con infradito e reflex, ma anche per le persone con cittadinanza americana, britannica e, udite udite, italiana, oltre che per persone con cittadinanza di altri 27 paesi. Il sottinteso è chiaro: non siete più ospiti d’onore nel  saccheggiare con leggerezza.


Fino a ieri, per una persona con cittadinanza statunitense, entrare in Namibia era più facile che ottenere un mutuo con tasso fisso. Ora, invece, occorre passare da una trafila burocratica degna di un visto per l’Europa. Ma la vera chicca sta nelle voci — mai smentite — secondo cui le domande di visto dei cittadini e delle cittadine USA verrebbero regolarmente cestinate. Chi era già sul posto senza visto, invece, ha ricevuto un biglietto di sola andata per l’aeroporto. Carino il safari…ma ora si torna a casa.


Gli Stati Uniti, campioni olimpici di politiche sui visti e sulle espulsioni, si trovano ora sul banco delle persone non gradite e non per ritorsione isterica ma per una lucida affermazione di sovranità. La Namibia, con le sue miniere di diamanti e metalli preziosi, non vuole più fare la parte del banchetto. Perché se fino a ieri bastava un sorriso e un contratto opaco per estrarre ricchezza dal sottosuolo namibiano, oggi serve qualcosa di più: rispetto, legalità, e magari anche un po’ di giustizia economica.


La presidente Nandi-Ndaitwah ha detto chiaro e tondo che le risorse del paese devono servire il popolo namibiano. Una frase semplice, quasi ovvia, eppure rivoluzionaria nel contesto di decenni di neocolonialismo travestito da “partnership internazionale”. È il tipo di affermazione che suona come una bestemmia nelle sale climatizzate dei board occidentali, ma che potrebbe — e dovrebbe — ispirare altri paesi africani.


Perché, ammettiamolo, il re è nudo.

L’Africa ha il 30% delle risorse minerarie del pianeta ma resta in fondo a tutte le classifiche sullo sviluppo. E se il primo passo per cambiare davvero fosse proprio dire “no” a chi è abituato a entrare senza bussare?


La Namibia ci ricorda che il visto non è solo un documento: è un simbolo. Di rispetto, di reciprocità, di un mondo in cui anche i paesi “periferici” possono stabilire le regole del gioco. Se poi questo infastidisce chi era abituato a giocare da solo con il pallone… pazienza. Era ora. Così com’è ora, finalmente, di vedere l’Africa più grande di tutti i tempi.

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