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Il peso delle parole

“Le parole sono eterne.

Pronunciandole, scrivendole,

sii consapevole della loro eternità”

K. Gibran


Freud disse: “è impossibile conoscere gli uomini senza conoscere la forza delle parole”. Queste, insieme alle nostre azioni, definiscono il nostro carattere, esprimendo le nostre emozioni e i nostri pensieri. Capire l’importanza delle parole è fondamentale! Le parole rivelano il nostro stato d’animo e, da come vengono usate, è possibile capire moltissime cose del mondo di una persona.

Le parole costituiscono il nostro universo. Tutto passa attraverso le parole, anche quando le pronunciamo senza pensare e quando le cerchiamo distrattamente, mentre stiamo pensando a qualcos’altro. Le parole sono molto importanti: evocano immagini, proiettano scenari, attivano i nostri neuroni specchio! Ad esempio, quando una persona dice: “ho un problema” innesca una certa tipologia di emozione diversa dall’emozione che si attiverebbe se dicesse: c’è una nuova sfida.

 

Spesso, le parole che utilizziamo rievocano nell’altra persona emozioni ed esperienze che possono essere l’opposto di quello che vogliamo trasmettere o non c’entrano nulla con il discorso in essere, questo perché le parole veicolano anche tutti quegli aspetti connessi alla comunicazione non verbale che, a livello psicologico, pesano di più del contenuto esplicito di quanto comunicato.

 

Molti problemi dell’uomo derivano dalle cattive conversazioni e dall’uso scorretto che si fa delle parole. L’uso delle parole, dunque, sembra essere uno dei cardini principali su cui si poggia la nostra capacità di creare e mantenere relazioni sani e funzionali. Per evitare di ferire l’altro, di rovinare la relazione può essere utile evitare 4 tipologie di comunicazione:


1)     Le critiche continue verso gli altri


È impossibile non dire ciò che non ci piace, non evidenziare aspetti che non sono in linea con i nostri gusti e/o pensieri, ma il problema sorge quando la critica diventa il nostro canale comunicativo preferenziale, per cui ci occupiamo solo di quello che accade intorno a noi, con lo scopo di dimostrare l’inferiorità dell’altro. Frasi che appartengono a questa categoria possono iniziare, ad esempio, con “sarebbe meglio che tu…”, “sei…”, “dovresti…”


2)     Le generalizzazioni


Ogni qualvolta che generalizzi un episodio, un’emozione e ti basi su degli stereotipi, non ti stai rivolgendo al tuo interlocutore, ma stai parlando a te stesso, in base alle tue idee e, in questo modo, esci fuori da quella relazione specifica e ti collochi in una dimensione generale e, soprattutto, molto probabilmente non veritiera. Puoi renderti conto di essere in questa categoria quando usi “tu… sempre” in maniera generica e inopportuna, oppure con incipit del tipo “voi non fate mai…” o ancora “di nuovo…”


3)     Non prestare attenzione al problema dell’altro, ma giudicarlo


Molti non si riscontrano in queste parole, ma si cade in questo tranello comunicativo molto più spesso di quello che si pensa. Capita, talvolta, che una persona ci racconti un proprio problema e noi non ci soffermiamo sulle contingenze di quel problema, ma ci fermiamo all’idea che abbiamo di quella persona, per cui ignoriamo la sua richiesta d’aiuto. Tale situazione la possiamo riconoscere quando usiamo espressioni verbali come “non fai mai niente…”, oppure “ma ti metti sempre in queste situazioni… “.

4)     Non riconoscere le emozioni dell’altro


Ognuno di noi ha una sensibilità diversa, un personale mondo emotivo che non sempre viene condiviso con facilità o con trasparenza. Accogliere il mondo emotivo dell’altro con tutte le sue sfaccettature è una sfida tanto difficile quanto importantissima. È l’accoglienza delle emozioni dell’altro, senza giudicarle che determina la qualità della relazione stessa. Sminuire o non riconoscere questo mondo può portare, perfino, alla fine di un rapporto, sia esso amicale che d’amore. Annulliamo le emozioni dell’altro quando non le riconosciamo come tali, quando le minimizziamo, le ignoriamo o le giudichiamo negativamente. Ciò può avvenire con parole del tipo: “dai suvvià, non essere melodrammatico…”, “non essere triste, c’è di peggio…”, “ti arrabbi per così poco…”

 

Una comunicazione, pertanto, può diventare relazione e condivisione completa solo quando si presta attenzione alle parole che usiamo, mettendole in relazione con la mappa del mondo della persona a cui ci stiamo rivolgendo.

 

Ma ricordiamoci che: “A volte le parole non bastano. E allora servono i colori. E le forme. E le note.  E le emozioni” (A. Baricco).


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