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«Dalla stessa parte mi troverai»: Acca Larentia e il revisionismo storico

Valentina è quasi una mia coetanea, ha due anni in più di me, e abbiamo vissuto entrambi nello stesso quadrante di Roma (anche se io, poi, ho preso altre strade).

Con Mario Scrocca io condivido le origini: infatti, non sono solamente romano come la scrittrice, ma sono cresciuto a Tor Pignattara come Mario. Di lui, io non ne ho mai sentito parlare, forse per ignoranza mia (non ero molto interessato alla politica quando vivevo a Roma), ma anche e direi soprattutto per l’assenza, all’interno del quartiere, di contenuti inerenti alla storia della sua vita.

I «Torpigna» non sono mai stati etichettati come brava gente: ce lo ricorda Valentina nel libro più volte, con il padre di Rossella essere restìo ad una frequentazione di sua figlia con Mario; ma ce lo ricorda anche Vacanze di Natale, il film del 1983 con Christian De Sica, un cinepanettone che identifica, appunto, i cosiddetti «Torpigna» come gli archetipi dei malesseri, quelli che oggi nello slang giovanile definiremmo «maranza», o molto più comunemente dei delinquenti, o più semplicemente delle persone da evitare.

 

«Madre: “Luca, non voglio dire ma quel tuo amico Mario che abbiamo incontrato in paese, no, renditi conto!”

Luca: “Mario è simpaticissimo!”

Madre: “Andiamo, quella famiglia di cafoni a Cortina!”

Luca: “Beh?!”

Madre: “Non voglio che i miei figli frequentino dei Torpigna!”

Sorella: “Chi?”

Luca: “Ma sì, i Torpigna, quelli di Tor Pignattara!”

Madre: “Scusa eh, ma se i Torpigna, dopo averci invaso Piazza di Spagna, ci invadono anche Cortina, alloro non lo so, vendiamoci la casa e amen!”»

 

La casualità vuole che il soggetto di Tor Pignattara del film abbia lo stesso nome di Mario Scrocca, ma il punto in comune tra le due storie (e la mia) è che, comunque, Tor Pignattara non godeva di buona fama. E non ne gode tuttora. Infatti, ancora oggi, quando si narrano vicende negative si fa riferimento a Tor Pignattara, mentre le vicende positive, della stessa zona, figurano in quartieri diversi: Prenestino-Labicano o al Pigneto: chissà fin dove arriva l’ignoranza toponomastica dei giornalisti e inizia, invece, lo stereotipo quarantennale di un quartiere.


Dalla stessa parte mi troverai racconta una storia d’amore mai completamente fiorita, in un circoscritto senso di impotenza e stupore, di rabbia e di insabbiature politiche e giornalistiche, tra Rossella e Mario, la quarta vittima degli avvenimenti di Acca Larentia.

La sede dell'MSI in via Acca Larenzia dopo l'agguato, Roma, 1978 (ANSA/ WIKIPEDIA)

Quasi mezzo secolo fa, nel 1978, nel pieno scontro tra «rossi» e «neri», davanti la sede dell’MSI muoiono due militanti neofascisti. Ne morirà un terzo, in seguito ad uno scontro con le forze dell’ordine, mai accertato. La quarta vittima fu, appunto, Mario Scrocca: in questa continua «guerra a bassa intensità» Roma continua ad essere il palcoscenico dei drammi tra militanti estremisti.


Dieci anni dopo questo avvenimento, nel 1987, viene arrestato l’infermiere Mario, marito di Rossella e padre di Tiziano. Dopo ventiquattro ore, Mario, rinchiuso nella cella antisuicidio di Regina Coeli, viene trovato morto. Si è ammazzato, dicono. Il libro di Valentina è un excursus di ricerca della verità, dietro uno Stato assente e complice; un diario di mille domande e contraddizioni alle quali non si è riusciti a trovare risposte.

 

Nel libro di Valentina non si racconta soltanto un romanzo ispirato alla realtà (come la stessa scrittrice ci tiene a sottolineare), ma narra anche vicende autobiografiche, della sua personale “relazione tossica” con un esponente della destra estrema, per farci riflettere su come la narrazione svolta dai neofascisti sia un «modo di vivere» comune, intriso di revisionismo, infondatezze e vittimismo cronico. Ci racconta della coltellata sul polpaccio autoinflitta dall’allora fidanzato per manipolazione, che è la stessa molla che ha portato Valentina a raccontare la storia di Mario Scrocca da un altro punto di vista, per non renderla più manipolabile da chi si sente vittima di una vicenda in cui, in fondo, ne è il carnefice.


Acca Larentia è una commemorazione annuale in cui molte persone partecipano salutando le vittime con il saluto romano e con inni neofascisti. Insomma, è quel millesimo caso isolato giustificato con la goliardia. Perché ogni bravata estremista di destra è sempre vista come la mistificazione della sinistra di quel fantasma che è il fascismo, «che ormai non esiste più, perché è morto ottant’anni fa», come ci insegna il generale al contrario. Ve la ricordate la ragazza con la scritta “Auschwitzland” con il logo e il font della Disney? Ecco, anche lei è solo uno dei mille casi isolati della goliardia neofascista del nostro Paese.


La scrittrice vuole portare alla luce, grazie all’aiuto prezioso della moglie Rossella, la storia di Mario Scrocca per non farlo inghiottire dalla retorica neofascista. E questo fa di Valentina una rivoluzionaria perché, come afferma lei stessa, «la rivoluzione o è dal basso o non è». Vuole sfidare la metodologia neofascista del revisionismo storico. Un revisionismo che oggi comprende una fetta di politica molto importante, arrivata al potere che conta. Perché nel 2008, a poggiare una corona di fiori a Via Acca Larentia, nel contesto neofascista dei saluti romani, ci andò proprio l’attuale Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, colei che del revisionismo storico ne è la promotrice per le sue campagne elettorali nostalgiche e perpetue: dalle Foibe al 25 aprile come festa divisiva, o la retorica dell’eterno nemico straniero o comunista, a seconda dell’opportunità politica del momento.

 

Il libro di Valentina Mira congiunge, nella storia di Mario, l’amara verità di un mondo attuale che non è poi così tanto diverso: dal problema della sovrappopolazione delle carceri al loro trattamento, fino al giornalismo come veicolo di notizie politicizzate. Come la censura di qualche settimana fa di un monologo sull’antifascismo o il famoso “Editto Bulgaro” di berlusconiana memoria. Come il ritorno, attraverso la macchina del fango, ora via social network, dello scontro tra «rossi» e «neri» formato digitale. E Valentina racconta Mario Scrocca per non darlo in pasto alla retorica di questo genere; a chi confonde furbescamente la censura con il diritto di contestazione, con il dissenso verso un Ministro; a chi dice di aver fatto i conti con la propria storia ma poi non si dichiara antifascista.


Non ho personalmente vissuto la vicenda di Acca Larentia ma ne subisco il ricordo ogni giorno. È un libro potente ed importante, non solo perché dona voce a chi è stato dimenticato ma perché tocca il profondo delle questioni ancora irrisolta nel nostro Paese, antifascismo compreso.


Ed è un libro talmente potente da essere stato criticato ancor prima della sua uscita nelle librerie.

 

«Dalla stessa parte mi troverai» è candidato al Premio Strega 2024 ed è stato accusato di revisionismo storico. Da lettore non posso dare la certezza della veridicità di quanto scriva Valentina, ed è fuor di dubbio che il supporto della moglie Rossella renda il racconto oggettivamente parziale. È il punto di vista di Mario Scrocca, che non ha più voce, e che, come tale, ha una valenza oggettiva. Perché le accuse mosse al libro sono infondate: ospite del programma Otto e Mezzo, Valentina Mira chiede a Mario Sechi: «nel 2008 Giorgia Meloni posa una corona di fiori davanti alla sede dell’MSI di Via Acca Larentia. È una bugia?», e ancora: «Le altre sono bugie?». Mario Sechi non risponde.

Giorgio Almirante, anni '70

Questo dimostra quanto Valentina scrive nel suo libro: «Il loro vittimismo li rende carnefici», perché è quel silenzio assenso e ingiustificato di chi non ha contenuti da proporre in sua difesa. Ed è lo stesso motivo per il quale il Presidente del Consiglio attuale, Giorgia Meloni, non può definirsi antifascista: come può farlo una persona che ha militato per decenni nel partito di Giorgio Almirante, un fascista che ha firmato il Manifesto della Razza? È la storia stessa che la condanna.

 

L’accusa mossa via social, invece, è quella di aver adempiuto una conversione politica proprio perché, in passato, era vicina ad un gruppo neofascista. La verità è che Valentina Mira non lo nasconde nel suo libro e, anzi, parla proprio di un processo personale di liberazione verso un ambiente dal quale non si riconosceva più (o forse non si era mai riconosciuta).


E la sua storia personale rafforza la posizione politica del libro, ovvero una posizione antifascista.


Per questo mi viene, dunque, da considerare che le accuse mosse non abbiano alcun valore o, meglio, che ne abbia uno solo: se la prospettiva antifascista è revisionista, allora la tesi di Valentina Mira è vera, ovvero Acca Larentia è una ricorrenza fascista, come chi manifesta, come chi ne è sostenitore, come chi poggiò la corona di fiori nel 2008 da Ministra di una Repubblica, il cui perno fondamentale è una Costituzione antifascista.

 

Buona fortuna per il Premio Strega, Valentina!

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